Manifesto in difesa dei beni confiscati e dei beni comuni

Ci impegniamo a costruire insieme una sperimentazione concreta ed a portare avanti una campagna di sensibilizzazione finalizzata al recupero dei beni confiscati, affinché questi dopo essere stati sottratti ai mafiosi, possano realmente essere restituiti alla collettività, divenendo, non solo il simbolo concreto del riscatto dal giogo mafioso, ma anche luoghi vivi e attivi di socialità, crescita culturale, coscienza ambientalista, economia sostenibile e dove vengano sviluppate pratiche di mutualismo per il bene comune.

La legge 646/1982, conosciuta come "Rognoni-La Torre", nata dopo l’omicidio del segretario del PCI in Sicilia Pio La Torre, che introdusse per la prima volta nel codice penale la previsione del reato di “associazione di tipo mafioso” e le conseguenti misure patrimoniali applicabili all'accumulazione illecita di capitali, e la successiva legge 109/96 per l'uso sociale dei beni confiscati alle mafie, sono state fondamentali per il contrasto alla mafia, perché hanno intaccato il patrimonio economico dei mafiosi, simbolo del potere criminale sul territori trasformandolo in “patrimonio comune”, destinato alla collettività per fini di utilità pubblica, di crescita condivisa e sostenibile.

Oggi la situazione dei beni confiscati non è del tutto lineare e sono tante le problematiche riscontrate; la principale criticità risiede nel mancato o sotto-utilizzo dei beni mobili e immobili e nel fallimento delle aziende (la cui percentuale si aggira attorno al 90%). Le conseguenze di questi fallimenti ricadono inevitabilmente sui lavoratori.

Secondo dati aggiornati a giugno 2021, inoltre, risulta che 18.518 immobili e 2.929 aziende in 2.176 comuni devono ancora essere destinati. Molte amministrazioni comunali affermano di non sapere se nel loro territorio esistano beni sotto sequestro e spesso non conoscono le finalità cui possono essere destinati e l’iter da seguire per utilizzarli. Dal primo report nazionale di Libera, a 25 anni dalla legge 109,sullo stato della trasparenza dei beni confiscati, la cui pubblicazione è stata chiusa il 31 gennaio 2020, è risultato che le amministrazioni locali su 1076 comuni monitorati destinatari di beni immobili confiscati 670 non pubblicano l’elenco sul loro sito internet. Ciò significa che ben il 62% dei comuni è totalmente inadempiente.

Sono tante le difficoltà che ruotano intorno ai beni confiscati, spesso capita che gli immobili, disabitati da anni, richiedano interventi di ristrutturazione e che i Comuni di piccole dimensioni non abbiano le risorse per metterli a posto e riutilizzarli; dunque, sebbene la destinazione sia l’ultimo atto di un processo che toglie al mafioso per restituire ricchezza allo Stato e ai cittadini, talvolta finisce con il rappresentare un costo insostenibile. Bisogna, anche dire che molte amministrazioni non conosco le possibilità di richiedere dei contributi per le ristrutturazioni di beni confiscati entrati nel patrimonio indisponibile del comune che ha richiesto il bene stesso (ad esempio la Lombardia ha un bando regionale). Inoltre, e non meno importante, gli uffici dei comuni preposti e gli stessi amministratori non sono preparati su questa materia, e questo comporta molto spesso il generarsi di problematiche inesistenti. Per questo riteniamo opportuno che vengano programmati dei corsi di formazione sulla materia e che vi sia l’obbligo di partecipazione. Per non dimenticare che, chi poi si assume l’impegno di gestire un bene confiscato vive diverse difficoltà, da quelle burocratiche che partono fin dalla richiesta del bene, fino alla sua gestione, all’assenza di agevolazioni o sostegni concreti che rendano conveniente utilizzare un bene spesso inserito in contesti problematici, con rischi di ritorsioni da parte dei mafiosi stessi e in alcuni casi privi di supporto sociale, soprattutto quando si trovano in aree di disagio.

Il mancato o cattivo utilizzo dei beni confiscati, oltre ad avere conseguenze economiche ha anche ricadute sul piano sociale, rischia di generare sfiducia e delusione, spinge alla rassegnazione e crea una disaffezione nelle istituzioni e nell’associazionismo, rischiando invece di dare consenso a quei mafiosi stessi a cui il bene era stato sottratto, tutto questo è pericoloso ed inaccettabile.

Malgrado le criticità insite nel sistema, esistono tanti casi virtuosi in cui l’utilizzo di un bene confiscato ha visto esprimere pratiche di mutualismo e raggiungere l’obiettivo di diventare luoghi destinati al bene della collettività, un esempio è Libera Masseria, ex ristorante "La Masseria" di Cisliano, un bene confiscato in via definitiva il 13 ottobre 2014 al clan 'ndranghetista Valle-Lampada che aveva subito "atti vandalici". A fronte di tali atti, dopo che il Comune di Cisliano, Caritas Ambrosiana zona sesta, Associazione Una Casa Anche per Te Onlus e l’Associazione Libera con il referente regionale Davide Salluzzo avevano più volte segnalato la situazione al Tribunale di Milano, in occasione del Consiglio Comunale aperto del 21 aprile 2015 (al quale hanno preso parte le associazioni sopra nominate e tutte le realtà che lavorano nei beni confiscati e comuni della zona del sud ovest milanese, era stato votato all'unanimità l'impegno dell'Amministrazione a ottenere risposte dall'Agenzia Nazionale dei Beni Sequestrati e Confiscati e proteggere il bene da ulteriori atti di vandalismo. Sulla base di questo impegno, il 13 maggio 2015 venne avviato un presidio permanente a tutela del bene: le Associazioni, i volontari giorno e notte hanno presidiato la struttura, impedendo danni ulteriori; riuscendo il 25 maggio 2015 (dopo 12 giorni) a sbloccare la situazione di immobilismo e spingere finalmente l'Agenzia Nazionale dei Beni Sequestrati e Confiscati a assegnare provvisoriamente il bene al Comune di Cisliano che attraverso protocolli di intesa con l’Associazione Una Casa Anche per Te Onlus e Caritas Ambrosiana (poiché Libera non gestisce direttamente beni confiscati uscirà dal protocollo) hanno reso immediatamente disponibile il bene alla collettività di Cisliano e non solo facendolo diventare un bene comune, un Presidio di giustizia sociale con il passaggio di 11.000 ragazz@ dai 14 anni in su che sis sono messi al servizio insieme  volotar@ hanno sistemato i primi danni per rendere il bene utilizzabile e fare formazione sulle tematiche dell’anitimafia sociale. Oggi dopo sei anni è arrivata l’ assegnazione definitiva, grazie all’interessemento del Prefetto Saccone e dell’ex direttore dell’ABSC Dott. Roberto Giarola e del Vice Direttore Roberto Bellasio, per gestire la Libera Masseria insieme alla rete di U.C.A.P.TE., ad oggi siamo in attesa della convenzione. Inoltre, negli ultimi tre anni come associazione U.C.A.P.TE ci siamo ritrovati a accogliere la sfida propostaci da CGIL Lombardia e grazie alla sensibilità di due amministratori giudiziari, di gestire da marzo 2019 una villetta sotto sequestro al clan di ‘ndrangheta Gallace, oggi in confisca di secondo grado, e da novembre 2020 un bar sotto sequestro alla famiglia Bruzzaniti legata alla cosca ‘ndranghetista Morabito - Bruzzaniti – Palamara. Ovviamente essendo un bar segue la procedura relativa alle aziende confiscate, ma comunque queste due esperienze ci hanno fatto comprendere come entrare nella gestione già in fase di sequestro sia importante per scardinare il sistema mafioso di controllo del territorio e permettere la costruzione di nuovi presidi di giustizia sociale. Certo bisognerebbe, sicuramente avere dei contributi che garantiscono le associazioni che si mettono in gioco in questa fase non avendo nessuna possibilità di partecipare a bandi vista la provvisorietà del bene. Forse si potrebbero utilizzare le liquidità confiscate alle organizzazioni mafiose?

Un’altra importante e significativa esperienza è quella dell’associazione (R)esistenza – associazione di lotta alla illegalità e alla cultura camorristica - di Scampia, presieduta da Ciro Corona, che non solo gestisce il primo bene agricolo confiscato di Napoli, il Fondo Rustico “Amato Lamberti”, nel quartiere di Chiaiano (Na) ma è stata protagonista della riscossa e trasformazione di una  scuola dismessa di Scampia, da ricovero per tossicodipendenti a Officina delle Culture “Gelsomina Verde”, ovvero centro polifunzionale sede di 13 associazioni che fanno rivivere il quartiere non lasciando indietro nessuno anzi l’ultimo della fila è diventato il primo protagonista della vita del proprio quartiere. Nel Fondo Lamberti, lasciato per 11 anni nelle mani di ignoti nonostante la confisca del 2001, dal 2012 con la logica dell’agricoltura sociale si produce il primo vino prodotto su un bene confiscato in Campania con l’inserimento di detenuti che scontano pene alternative al carcere. Sono 140 i detenuti affidati all’associazione nel 202. Cento affidati in media, negli ultimi dieci anni. Produzione di vino, orti sociali, fattoria didattica, limoneto rappresentano il cuore pulsante dell’economia sociale del bene confiscato “Amato Lamberti”

Partinico negli ultimi anni ha subito tanti cambiamenti a livello istituzionale, che nella sostanza non hanno però determinato un cambiamento nella gestione (personalistica) della cosa pubblica e gli effetti sono visibili nella vita di tutti i giorni. Fino al 2018 l’amministrazione eletta si è caratterizzata per la gestione personalistica e clientelare. Di quei lunghi dieci anni ricordiamo: affidamento ad associazioni “amiche” e sostenitori elettorali di beni, anche confiscati (si veda la vicenda del bene confiscato in c/da Albachiara e di quello in via Fermi), spazi verdi e ville comunali; speculazione dei privati, come il caso eclatante della distilleria Bertolino, industria insalubre di prima classe in pieno centro abitato condannata per inquinamento ambientale, alla quale sono state concesse due varianti urbanistiche; privatizzazioni (servizio idrico, servizio di raccolta e smaltimento rifiuti, illuminazione pubblica, parcheggi a pagamento, e il tentativo fortunatamente fallito di affidare a privati il cimitero comunale); nessun servizio pubblico; abbandono e degrado diffusi (cicliche emergenze del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti con discariche a cielo aperto in ogni punto della città). Nel 2018/19 con la fine della campagna elettorale e l’elezione di una giunta di centro destra la situazione non cambia, anzi viene proclamata con la formalizzazione del dissesto economico finanziario e le dimissioni del neo eletto sindaco, che portano alla fine definitiva dei servizi sociali con la chiusura degli asili nido comunali e il tentativo di privatizzare la casa di riposo comunale (poi anch’essa definitivamente chiusa). La giunta di allora, in risposta alle nostre iniziative, ci propose l'affidamento dell’ex Arena Lo Baido, bene pubblico perennemente abbandonato dalle istituzioni, tanto che durante la nostra prima azione di riqualificazione delle aree verdi, totalmente abbandonate, la prima rivendicazione che facciamo alle istituzioni è di ripristinare l’illuminazione pubblica. Ovviamente rifiutammo la proposta, organizzando il primo momento di formazione pubblico sui Beni comuni per dire che c’è un modo diverso di pensare e gestire i beni pubblici, oltre la logica di sfruttamento reciproco tra pubblico e privato, che vede la cosa pubblica come merce di scambio, pezzi da regalare o appioppare al privato (singolo o gruppo che sia) che li vive o spesso semplicemente li usa fino a quando ha l’interesse, così se tutto va bene è merito dell’amministrazione comunale, se tutto va male la responsabilità è degli altri. Nel 2019/20 abbiamo l’inizio dei commissariamenti, prima della Giunta per le dimissioni del sindaco e il dissesto economico-finanziario, poi del Consiglio comunale per infiltrazioni mafiose. Lo scioglimento per mafia ha messo nero su bianco ciò che già sapevamo, cioè anni di gestione affaristico - clientelare dei beni pubblici, quindi per noi, nel rapporto con le istituzioni, rappresentava l’occasione per ricominciare almeno dalle basi: la legalità. Con l’Assemblea degli Abitanti dell’Arena Solidale avviene la stesura collettiva del Patto degli abitanti dell'arena che presentiamo all’Amministrazione per far riconoscere l’Assemblea degli Abitanti dell’Arena Bene Comune insieme alla Richiesta d’uso (non esclusivo) dei locali del centro diurno per anziani che insiste all’ex Arena Lo Baido per svolgere il doposcuola popolare (in locali adeguati e con il supporto organizzativo del Comune) al fine di metterci nelle condizioni di continuare le nostre attività, soprattutto nella difficile fase che inizia con la proclamazione della pandemia. Proponiamo anche di istituire presso gli stessi locali uffici comunali al fine di mantenere la gestione pubblica del bene e per porre in essere azioni amministrative a costo zero e immediate per la vivibilità dell'arena, perpetuamente destinata all’abbandono da parte delle istituzioni. In tutta risposta la Commissione prefettizia istituisce l’elenco dei Beni comuni, tra i quali inserisce l’ex Arena Lo Baido, e successivamente il Regolamento, mettendo poi a bando l’affidamento dei soli giardini che ricadono all’ex Arena Lo Baido (non comprendendo i locali che, con la scusa della pandemia, vengono definitivamente chiusi). In risposta all’avviso presentiamo come Assemblea dell’Arena Bene Comune un progetto sottoscritto da singol* e altre realtà formali e informali del territorio, dove chiediamo di utilizzare quello spazio pubblico per progetti come il doposcuola popolare e i laboratori maieutici per bimb* e ragazz*; la Casa del Mutuo Soccorso che da anni, attraverso lo sportello di ascolto dei (bi)sogni e l’assistenza legale e sindacale gratuita, costruisce pratiche di solidarietà e mutualismo; il mercato dei piccoli produttori, considerando che proprio l’ex Arena Lo Baido è stata destinataria di un finanziamento europeo di centinaia di migliaia di euro per lo svolgimento del Mercato del contadino, mai istituito nonostante l’enorme finanziamento pubblico speso; e tutte le iniziative che l’Assemblea dell’Arena Bene comune vorrà porre in essere. Le nostre proposte trovano un consenso ideale e mai un diniego esplicito in quanto la commissione prefettizia, insediatasi in una città “particolarmente problematica”, decide di arroccarsi dentro il palazzo comunale, dettando ordini e concedendosi in pubblico solo per cerimonie di facciata volte a ripristinare una parvenza di legalità. Nello stesso tempo l’istituzione del Regolamento comunale sui Beni comuni viene strumentalmente utilizzato per impedire lo svolgimento di iniziative in quel luogo. In più, con la chiusura definitiva dei locali comunali che insistono all’ex Arena Lo Baido, i ripetuti atti vandalici subiti terminano con l’ultimo definitivo che porta al grave danneggiamento ad opera delle fiamme di un incendio doloso. A Partinico insistono numerosissimi beni pubblici inutilizzati o abbandonati e, tra questi, numerosi beni immobili e terreni confiscati alla mafia, che potrebbero essere un’importantissima risorsa da mettere a disposizione di una comunità che negli anni è stata depredata dalla mala politica. Il nostro obiettivo rimane quello di rivendicare un rapporto migliore tra “cittadini” e istituzioni che pensiamo possa essere fondamentale in tutti i comuni, a maggior ragione nei comuni che vivono situazioni ulteriormente  compromettenti per la vita dell’intera comunità, come il dissesto economico e lo scioglimento per mafia.

Infine, e non meno importante, c’è l’esperienza dell’ex Casa Badalamenti a Cinisi, confiscata a Gaetano Badalamenti, boss ai vertici di Cosa Nostra e mandante dell’omicidio di Peppino Impastato, consegnata simbolicamente al sindaco di Cinisi il 9 maggio 2010, 32° anniversario della morte di Peppino Impastato. La confisca ha seguito un lungo iter, cominciato il 4-4-1985, quando i giudici Falcone, Borsellino, Guarnotta e Di Lello emisero il primo decreto di sequestro. I legali di Badalamenti avanzarono una serie di ricorsi, sino ad arrivare al provvedimento del tribunale di Palermo, n. 7/0 del 26-11-07, divenuto definitivo il 4-11-09 che ha chiuso l’iter giuridico di confisca del bene, passato al demanio dello stato, e poi consegnato ufficialmente al Comune di Cinisi. Il bene è stato poi dato in gestione all'Associazione Culturale "Peppino Impastato" e “Ass.ne Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato”, dal 2017lo stabile è diventato la nuova sede della biblioteca comunale, ed il pianterreno è gestito dalle associazioni, a completare quel metaforico percorso dei 100 passi che lo collega alla casa di Felicia e Peppino Impastato e ospitando diverse iniziative culturali e mostre. L’associazione Casa Memoria Felicia e Impastato, dal 28 gennaio 2021, sta anche gestendo l’uso di un altro bene confiscato, denominato in tale data “Casa Felicia”. Questo immobile è al centro di una disputa tra il Comune di Cinisi e Leonardo Badalamenti, figlio di Gaetano.In origine era una vecchia stalla confiscata a Gaetano Badalamenti, assegnata nel 2010 al Comune di Cinisi dall’Agenzia nazionale per i beni confiscati e successivamente ristrutturata con quasi 400 mila euro di fondi europei ottenuti attraverso il Gal Castellammare del Golfo. Dopo più di dieci anni, la confisca viene revocata in seguito a un ricorso fatto da Leonardo Badalamenti, che nell’Agosto del 2020, non ricevendo risposte dal Comune di Cinisi (a cui non era ancora stata notificata la revoca della confisca), aveva rotto le serrature per appropriarsene. Pochi giorni dopo L. Badalamenti fu arrestato dalla DIA su un mandato di cattura internazionale emesso nel 2017 dall’autorità giudiziaria di Barra Funda (Brasile) per associazione criminale finalizzata al traffico di stupefacenti e falsità ideologica, con una condanna definitiva per narcotraffico a cinque anni e dieci mesi dal tribunale di San Paolo del Brasile; nel maggio 2021 gli fu negata l’estradizione in Brasile e fu scarcerato. Intanto nel gennaio del 2021 il Comune di Cinisi in presenza del Presidente del Gal, consegnò ufficialmente le chiavi dell’immobile alla Presidente di Casa Memoria Luisa Impastato; la nostra associazione ha accettato la proposta di gestire l’uso di questo bene per rafforzare la battaglia per non farlo andare agli eredi di Badalamenti, convinti che ciò rappresenterebbe una sconfitta per il territorio di Cinisi e per chi ha lottato contro la mafia. Il 24 febbraio del 2022 l’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata notificò la revoca della confisca fissando le operazioni di immissione in possesso erano fissate per il 25 Febbraio, appuntamento rinviato, per motivi tecnici al 29 Aprile 2022. E’ stato fatto successivamente un ricorso in opposizione alla revoca della confisca ed è stata fissata una nuova udienza per il 10 Maggio, l'esecuzione è stata quindi sospesa fino alla data dell'esito dell'udienza. Da quando Casa Felicia è in uso all’associazione Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato, che ha anche aperto la gestione del bene alle altre associazioni del territorio, il luogo è stato visitato da diverse centinaia di giovani che svolgono percorsi di legalità e vi sono state svolte importanti iniziative culturali e corsi di formazione.

Riteniamo fondamentale mettere in comune con altre realtà alcune esperienze importanti e virtuose che stiamo portando avanti. Per questo ci impegniamo a costruire insieme una sperimentazione condivisa e una campagna di sensibilizzazione finalizzata al recupero dei beni confiscati, affinché questi dopo essere stati sottratti ai mafiosi, possano realmente essere restituiti alla collettività, divenendo, non solo il simbolo concreto del riscatto dal giogo mafioso, ma anche luoghi vivi e attivi di socialità, crescita culturale, coscienza ambientalista, economia sostenibile e dove vengano sviluppate pratiche di mutualismo per il bene comune.

Chiediamo a tutte le realtà che operano nel sociale, in ambito culturale, che portano avanti pratiche di mutualismo e solidarietà, a intraprendere questi percorsi, a fare rete insieme a noi per il bene comune.


Ass.ne Casa Memoria “Felicia e Peppino Impastato”, U.C.A.P.TE Onlus, FuoriMercato -Autogestione in movimento, (R)esistenza – associazione di lotta alla illegalità e alla cultura Camorristica - di Scampia, Partinico Solidale.

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